Ciao paperett3, questo articolo è speciale rispetto agli altri. Non perché esce dopo una pausa non annunciata e non prevista dettata unicamente dal mio battere la fiacca, ma perché stavolta…non sono solx!!!
Con noi oggi c’è Irene Marini, che oltre ad essere un essere composto di pura luce e uno dei pochi barlumi di speranza politica che si possono ancora trovare nella città di Pescara, si è interessata in maniera accurata e puntuale ad uno dei casi di cronaca italiana più rilevante e più iconico degli ultimi anni: il naufragio della Costa Concordia.
Questo articolo, quindi, è un tentativo, sotto forma di intervista, di far luce sulla faccenda, ascoltando chi mi ha sicuramente illuminato più di tutti i media italiani messi insieme.
Come ti sei interessata all’argomento?
Ho iniziato ad approfondire il caso all’inizio del 2022, quando in occasione del decennale della tragedia sono state prodotte diverse ricostruzioni. Mi sono imbattuta in una di queste e sono rimasta colpita nell’ascoltare riferimenti a responsabilità di altri soggetti: per me era assodato che tutte le colpe fossero del Comandante. Nell’immaginario collettivo questo assunto è ancora molto forte, quindi ho sentito l’esigenza di saperne il più possibile per poterlo poi, eventualmente, confutare.
Come hai svolto il lavoro e quali fonti hai consultato?
All’inizio avevo un forte bisogno di conoscere qual era lo stato della discussione a riguardo, così ho letto i vari spazi dove si generava dibattito, come commenti dei video YouTube o forum.
Dopodiché ho cercato qualsiasi lavoro giornalistico, servizio e approfondimento possibile che sia stato prodotto in Italia.
Le inchieste davvero meritevoli che voglio indicare sono due: un servizio di Report del 12/10/14 dal titolo “La Concordia nazionale” e il libro della giornalista Vittoriana Abate “Le verità sommerse”, che vede Schettino come co-autore.
Il primo è recuperabile su RaiPlay e lo consiglio a chiunque voglia farsi un’idea generale, ha un approccio equilibrato e mette sotto torchio tutte le parti in gioco.
Il secondo è una miniera di informazioni e di atti processuali, ma scende molto nel particolare e nel tecnico e quindi non lo consiglierei a nessunə che non abbia un forte interesse. In alternativa, su YouTube si trova l’intervista a Schettino per il Codacons (costituitosi parte civile nel processo): dopo il processo di deumanizzazione a cui è stato sottoposto mi sembra il minimo ascoltare la sua versione.
Quindi Schettino è innocente?
Per sua natura, non è un caso in cui si possa parlare di “innocenza”. Schettino non è stato accusato di qualcosa a cui è estraneo, ed è pur sempre il Comandante. Ci tengo a specificare che non problematizzo né la sentenza finale né il processo (dove comunque rilevo delle storture), ma ne faccio una questione prettamente mediatica. Un conto sono i reati e le responsabilità penali, altro conto è l’etica e la dinamica oggettiva del fatto.
Nella mia personale lettura dei fatti, comunque, non posso nascondere che lui è il meno colpevole.
Ma quindi, cosa è successo VERAMENTE?
L’evento nella sua interezza si è sviluppato in due fasi: l’incidente e la gestione dell’emergenza.
L’incidente ha avuto origine nella richiesta di un maître che lavorava a bordo di poter passare più vicino la costa durante il passaggio all’Isola del Giglio, di cui è originario. La pratica di avvicinarsi a delle località di interesse, il cosiddetto “inchino”, era in realtà una pratica diffusa e aveva una funzione prettamente pubblicitaria. In questo caso lo scopo era diverso, ma non per questo era più pericolosa.
Nell’accordare questa richiesta, Schettino aveva definito con tutto l’equipaggio che la distanza minima da tenere sarebbe dovuta essere di almeno 0,5 miglia (poco meno di 1 km).
Ciò che non è passato sui canali di informazione è che a svolgere quella manovra, almeno nella prima fase, non è stato il Comandante bensì il Primo Ufficiale. Quest’ultimo ha deliberatamente oltrepassato la distanza di sicurezza, portando la nave più vicina alla costa, e quando Schettino ha assunto il comando non lo ha comunicato. A quel punto, in rotta di collisione con li scogli, li separavano solo cinque minuti prima dell’incidente. Se Schettino non avesse visto l’ostacolo a occhio nudo, l’impatto sarebbe stato frontale e avrebbe causato una quantità di vittime inimmaginabile.
Tuttavia, la manovra evasiva non è riuscita perché il timoniere ha invertito i comandi: invece di posizionare il timone a sinistra, per disimpegnare la poppa, è andato a destra. Sostanzialmente la nave è stata presa “di striscio”, ma ha comunque subito un danno considerevole, vista l’enorme quantità di acqua che è entrata.
In pratica l’incidente è avvenuto perché non sono stati rispettati gli ordini di Schettino.
Dopo l’impatto, la nave (diventata ormai ingovernabile) ha proseguito completamente in balìa del vento e della corrente per più di un’ora prima di arenarsi sugli scogli, dove siamo abituatx a vederla nelle foto. Proprio grazie a questo fenomeno, la Concordia non è mai affondata del tutto: anche in questo caso si sono evitate migliaia di vittime. Eppure questo si deve anche all’intuizione del Comandante di assecondare la spinta del vento, ritardando il più possibile le operazioni di abbandono. Autorizzare la discesa delle scialuppe con la nave in movimento sarebbe stato un rischio per la stabilità della nave, calare invece l’ancora in mare aperto ne avrebbe causato il ribaltamento in un’area di mare abbastanza profonda da farla inabissare tutta.
Alla fine, sono state salvate 4.200 persone; l’abbattimento della nave sul suo fianco destro ha causato la morte di 32 persone tra passeggeri ed equipaggio.
La famosa “fuga” di Schettino avviene proprio in questo momento: trovandosi sul lato destro per coordinare i soccorsi, il Comandante non ha avuto altra scelta di saltare sul tetto di una scialuppa e allontanarsi immediatamente. Peraltro questa scialuppa era rimasta incastrata, e se non fosse stato per il supporto di Schettino e altri membri dell’equipaggio sarebbe stata trascinata sott’acqua uccidendo tutti i suoi occupanti. Nessun atto di vigliaccheria quindi, solo l’ultimo atto di una situazione disperata.
Che ruolo hanno avuto i media italiani?
Basta pensare che in soli tre giorni la telefonata del “vada a bordo, cazzo” ha raggiunto un giornalista, il quale per sua stessa ammissione non conosceva la fonte: dice che una chiavetta USB contenente il file si è magicamente materializzata nella sua auto. Da lì ci si è concentrati unicamente sulla contrapposizione Schettino-De Falco (l’Ufficiale con cui era al telefono); una visione semplicistica, ma giornalisticamente appetibile.
Il racconto di questo incidente è sempre stato condizionato da un intento moralizzante nei confronti di Schettino, volto a minare la sua credibilità e la sua dignità, a discapito di una disamina tecnica totalmente assente. Tutt’oggi mi capita di leggere di persone che si chiedono come una nave moderna possa aver subito un danno del genere e perché ci sono state delle vittime. Se ci fossimo concentrati su altro, magari...
DETTO CIÒ… nella mia testolina da papero, una volta appreso questo quadro più completo della situazione, sono venute in mente una serie di riflessioni che non si concentrano tanto sugli avvenimenti in quanto tali, quanto più sulla trattazione di essi che è stata fatta dai media.
La faccenda della Costa Concordia si annovera tra la lunga lista di disastri e catastrofi che succedono nel mondo all’ordine del giorno, ma per qualche motivo in Italia ha colpito in maniera particolare. C’è ovviamente da tenere in conto che, dopotutto, le cose ci interessano di più se succedono a casa nostra…
Ma una parte di me pensa che ciò abbia a che fare con il fatto che siamo un paese di simpaticonx e che semplicemente la questione ci sia sembrata interessante perché abbiamo avuto modo di memare abbondantemente grazie all’iconica telefonata del “Salga a bordo, cazzo!”. Prendendo questa ipotesi per buona, non c’è molto altro da dire, se non che sappiamo tuttx che una buona catchphrase funziona SEMPRE.
Un’altra riflessione che mi è venuta, cercando di capire per quale motivo il disastro abbia attirato così tante attenzioni, riguarda i meccanismi di colpa e di responsabilità, e la curiosità morbosa che ci fa interessare alle faccende in cui possiamo metterci a giocare allo sceriffo e puntare il dito contro qualcunx. Essendo cresciutx guardando i polizieschi di rai 2 (grazie mamma), non nego che condivido questa passione per il ficcanasare e giudicare le persone coinvolte…
Allo stesso tempo, trovo inquietante il modo in cui i media siano riusciti così abilmente a manipolare i fatti; e questa è stata la realizzazione che ho avuto dopo aver letto l’indagine svolta da Irene. Insomma, un buon mistero, una buona caccia al colpevole piace a tuttx ed è giusto così, però mi fa paura pensare che siamo statx così veloci ad accusare qualcunx, senza renderci conto, per l’ennesima volta, di quanto siano parziali le informazioni che riceviamo dall’infosfera massificata.
E come parlare di questo topic senza citare la fantomatica gogna pubblica?
Anche dallo scambio con Irene possiamo intuire che i meccanismi di gogna pubblica sono stati messi in moto nei confronti di Schettino con una velocità impressionante e con una grande efficacia. Il capitano che abbandona la nave compie un gesto deplorevole e il pubblico non vuole sentire i dettagli, le motivazioni; il pubblico si accontenta di poter giudicare qualcunx per le proprie azioni, mettendo davanti un qualche principio, un qualche valore di onestà, quella “prendersi le proprie responsabilità” type of shit.
Quando penso alla gogna pubblica subita dal Capitano, mi vengono in mente alcune parole che ho letto nel libro “Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano” di Jude Ellison Sady Doyle; sebbene il libro faccia riferimento ad un discorso che ha molto a che vedere con il genere e con il godimento misogino che si prova nel vedere delle donne fallire o deludere aspettative di qualunque tipo sulla pubblica piazza, quindi non c’entri molto con la faccenda di Schettino, che di fatto è un uomo e non rientra propriamente nelle categorie di analisi proposte dall’autrice.
Di fatto, agli uomini è perfettamente concesso il fallimento pubblico: i cosiddetti “scandali”, qualunque sia la loro natura, restano nel dibattito pubblico massimo un mese, e, per quanto riguarda gli uomini, la fantomatica cultura del cancello (cancel culture) è pressochè inesistente. Insomma, gli perdoniamo tutto, purché si dimostrino dei buontemponi o siano canonicamente attraenti (vedi persone che si erano schierate a spada tratta senza sapere nulla dei fatti in difesa di Johnny Depp).
Il caso di Schettino, però, ai miei occhi, risulta peculiare proprio perché lui la gogna pubblica l’ha subita, e le conseguenze di questa sono ancora in effetto, anche se i media hanno smesso di parlare del caso. Non si è “ripreso” dalla faccenda, insomma, non c’è stato nessun redemption arc, e credo che parte del motivo sia che prima di questo patatrac Schettino non era nessuno (in termini mediatico-televisivi): è diventato famoso direttamente come responsabile di una catastrofe. Il suo personaggio, quindi, non può salvarsi facendo un rebranding o mostrando il suo lato migliore, perché il suo personaggio non esisteva prima del fatto della Costa Concordia.
Schettino è un esempio di persona normale che viene gettata in pasto alla macchina mediatica a sua insaputa e senza avere gli strumenti (i soldi, un team mediatico ecc.) per starci dentro senza venir masticato e sputato.
Un giorno, forse, il vostro papero vi riporterà anche le sue perplessità riguardo l’esistenza di questa cultura del cancello di cui tuttx parlano…….ma per oggi abbiamo finito!
Ringrazio tanto Irene Marini per aver partecipato allo spaperamento di oggi….
(se volete guardare le sue slide più approfondite sulla questione le trovate sul suo insta irini_mirini)